Lo scambio è il tratto più istintivo dell’uomo. Il marketing serve a ricondurre le aziende e i clienti alla relazione one to one, attraverso il brand.
Partiamo subito da un concetto chiave: non c’è niente di più naturale, semplice ed istintivo dello scambio.
Domanda e offerta. What else?
Quando, con il nostro lavoro di marketer ci rivolgiamo ai clienti, altro non facciamo che connettere la domanda e l’offerta, ovvero creare i presupposti per lo scambio.
In ogni fase dell’evoluzione umana, il passaggio di beni o servizi fra individui in cambio di benefici materiali o immateriali è sempre stato lo snodo di crescita, sopravvivenza, qualità della vita, protezione, legame.
Non voglio parlare del Marketing iniziando dall'età della pietra chiaramente, ma voglio raccontare l'istintività di ciò che muove il marketing, ed è la forza su cui le comunità si sono costituite all'inizio e sottolineare i tre principi cardine:
- La semplicità e la naturalità della vendita
- L’importanza della relazione come cardine del costrutto sociale
- l’approccio human 2 human
Prima di proseguire, occorre fare una premessa fondamentale: per ogni episodio di scambio avvengono 2 fenomeni paralleli su diversi piani.
- opportunismo materiale: ottengo ciò che mi serve, da entrambe le parti
- genero una relazione: che sia di fiducia, di solidarietà, di convenienza, di conoscenza. Dal punto di vista sociale, questo è il motore più forte in assoluto
Comunicare per sopravvivere
Le relazioni sono una delle maggiori leve storiche dell’evoluzione: la capacità di assembrarci in gruppi solidali e organizzati ci ha permesso di sviluppare tecniche di sopravvivenza di altissimo profilo. La divisione dei compiti ha portato la possibilità di procacciarci cibo tutto l’anno, aumentare la varietà, la salute, la qualità della vita. Ha portato protezione e differenziazione in termini di conoscenze teoriche e pratiche.
Il commercio dunque come concetto di reciprocità, scambio, e soprattutto definizione dell’IO, può essere considerato motore del viaggio verso altro.
Ma qual è stato dunque il collante che ha potuto dare vita a queste aggregazioni?
La capacità di comunicare.
Questo scenario roseo, dove tutti vogliono comunicare e facendolo evolvono come specie e come individui ovviamente, ha delle insidie. La prima fra queste, a cui riconduco tutta l’infelicità della terra, è il fatto che purtroppo un dato non passerà mai indenne da un punto “A” ad un punto “B” perché le persone coinvolte contamineranno l’informazione con una serie di variabili personali:
- il bagaglio esperenziale
- il sistema di valori e di credenze
- il vettore
- l’alfabetizzazione/utilizzo del codice di comunicazione
A cosa voglio arrivare con questo cappello? Al fatto che in sostanza lo scambio è istintivo, la comunicazione è consequenziale, la pulizia del messaggio e la sua efficacia, è tecnica.
Come si crea una relazione?
La diplomazia spesso prevede il passaggio del costrutto del dono, come connettore tra le parti in gioco, che danno vita ad alleanze, scambi, collaborazioni, che crea unioni.
Marcel Mauss, un noto antropologo, scrisse il Saggio sul dono (1923) in cui analizza il meccanismo dello scambio dei beni che, anche indipendentemente dal loro valore materiale, rappresenta uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane. L'autore suppone che il meccanismo del dono si articoli in tre momenti fondamentali basati sul principio della reciprocità:
- dare;
- ricevere - l'oggetto deve essere accettato;
- ricambiare.
Questa capacità ci ha reso competitivi rispetto agli altri. Ma cosa lo rende efficace?
Il modo in cui si propone il dono, con cui strutturare la relazione che darà poi vita allo relazione e quindi allo scambio.
E come si fa a proporlo nel modo giusto? Attraverso un copy ben elaborato.
Se portare all'acquisto è istintivo, e siamo conformati per generare relazioni, dove sono allora le difficoltà?
Approfondimento: L'importanza del Copywriting nel Marketing. Le 40 Regole di Umberto Eco
Sono nel fatto che oggi le relazioni sono su scala macroscopica rispetto a quanto studiato da Boas, Mauss, Malinowsky.
Lì si studia la relazione 1 a 1. Ovvero i due capo tribù che devono relazionarsi, in cui il richiedente con le sue capacità comunicative, poteva dare vita al legame e al commercio.
Col marketing le cose invece si complicano, perché abbiamo un’azienda, formata da operai, manager, spero anche un growth team, un amministratore delegato, insomma un universo intero; l’universo azienda che deve tentare di rivolgersi all'universo “cliente” formato da un'enorme moltitudine di essere diversi, variegati, globali, generalisti.
Ma come facciamo a ricondurci a quella semplicità frutto del rapporto human to human?
Con il brand e le buyer personas.
Con il brand noi definiamo una identità ideale che incarna il sistema di credenze, il sistema di valori, il tone of voice, i suoi hobby e tutte le sue caratteristiche, immaginando un’identità corporea coerente, riconoscibile e fissa.
Approfondimento: Perché un brand definito e un buon tone of voice sono la migliore strategia
Ma come si crea una buona brand identity?
La brand identity è sempre legata alla definizione di una buyer personas, ovvero quel processo in grado di isolare e selezionare dal gruppo generalista un destinatario specifico, una nicchia precisa su cui elaborare un dialogo su misura.
Questo processo ci porta due importanti vantaggi:
- la strategia aziendale basata sullo sviluppo verticale, che è una strategia più competitiva rispetto a quello orizzontale, perché può contare su minore concorrenza in settori specifici.
- un cliente ideale su cui costruire un interlocutore su misura genera un dialogo più stretto e personale, generando true fan, e abbassando il costo per contatto.
Nota importante: Il dare è alla base del legame, ma va chiarito che oggi, specie nei tempi frenetici che viviamo, il dare può essere anche dare il nostro tempo, i nostri consigli, la nostra conoscenza.
Non si acquista per bisogno, ma sempre per l’identità e la relazione.
A cosa ci porta tutto questo?
All'essere tornati al paradigma 1 a 1. La fase più semplice.
Prima di concludere, devo fare un’importante nota sulla brand identity:
I marketer tendono a partire da un approccio che prevede un importante megalavoro sull'identità, sviluppando un brand completo, coerente e accattivante, e poi lo lanciano sul mercato.
Sembra perfetto ma non è il modo più saggio.
Il marketing come tutte le scienze sociali, non è una scienza esatta, e noi possiamo solo fare ipotesi, che non potranno mai essere certe al 100%.
Il mio consiglio in puro spirito lean è quello di fare una bozza, testare le idee, validare il product market fit e poi su quella nicchia che non potrà fare a meno del vostro prodotto disegnate la buyer personas e infine su di essa la brand identity.
Approfondimento: Cos'è il Product Market Fit e perché può salvare la tua azienda
Ti è piaciuto questo articolo? A chi lo consiglieresti?
Se hai delle domande commenta pure qui, ti risponderò con gioia!