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- di Noemi Taccarelli
No, non parlerò dell’X-Factor, ma bensì del K-Factor. Un argomento decisamente più interessante per un marketer o un growth hacker. Se vuoi scoprire cos’è, continua a leggere.
- di Noemi Taccarelli
Quando si deve lanciare un nuovo business, il primo problema è come individuare, raccogliere e fidelizzare i primi clienti. Ma come si fa?
- di Noemi Taccarelli
Parlando di growth hacking e marketing spesso mi sono concentrata più spesso su funnel di vendita, e validazione di un’idea, ma c’è una parte successiva, altrettanto complessa, che è determinante per il successo del tuo progetto imprenditoriale. Oggi ti parlo del metodo OKR. Nel 1999 John Doerr rese celebre il sistema portandolo in Google, utilizzando, come esempio a validazione del protocollo, una squadra di Football Americano. Se sei curioso, al link di seguito puoi scorrere le slide che ricostruiscono la presentazione originale [che non esiste online].
👉 La presentazione su SlideShare: OKR - Objectives and Key Results
OKR: cosa sono sostanzialmente?
Sostanzialmente è un metodo di efficientamento dei processi, che riguarda l'organizzazione, il management, e la delega, basato su: individuare i macro e micro obiettivi, prioritizzare le task, trovare e gestire le risorse giuste, direzionare il team verso l’obiettivo, misurare ogni azione. OKR è l’acronimo di Objective and Key Results. Obiettivi e Risultati Chiave, ed è un protocollo adottato anche da colossi quali Google, Facebook, Linkedin, o Amazon; molto efficace perché a differenza della redazione di un elenco di task fine a sé stesso, ti permette di lavorare per obiettivi chiari e in ordine di priorità.
Perché l’elenco di task non funziona.
L’elenco di task, di solito, è la strada più semplice, e gran parte dei business sono ancora legati a questo tipo di approccio.
Le ragioni, sono più che intuitive:
- È molto semplice individuare quali azioni si devono fare, se le si ricerca in ordine sparso nel workflow
- È gratificante! Ogni task evasa, fa rilasciare endorfina al nostro cervello
- Non avendo una strada definita verso un obiettivo granitico, permette al capo di variare direzione, inserire task, tagliarne altre
- Deresponsabilizza rispetto agli obiettivi eventualmente non raggiunti.
Il problema maggiore è che in un elenco così, dove non tutte le task sono funzionali ad obiettivi e sotto-obiettivi, non c’è una prioritizzazione basata sulla logica, ma sull’emotività.
In questo scenario non c’è un vero e proprio sistema di misurazione delle azioni, la direzione può mutare, e tutto ciò comporta spreco di energie e rimanda il processo di crescita. Alcune aziende sono reticenti quando gli si propone di efficientare i processi introducendo nuovi modelli, perché vedono il lavoro per la comprensione e applicazione di un modello come una task aggiuntiva rispetto a quelle della famosa “lista”, ma che non gli dà la stessa gratificazione una volta compiuta, in quanto intangibile.
Per rendere l’idea del perché un lavoro di ordinamento logico prima delle singole azioni sia così importante, voglio raccontarti una puntata di Masterchef. Sì, esattamente, proprio il programma in cui cuochi amatoriali si sfidano ai fornelli dietro la guida e il giudizio di tre chef stellati.
Alla fine di alcune sfide, c’è il rischio di eliminazione dal gioco. Durante la competizione si acquisiscono penalità o vantaggi in base alle performance prodotte. In un episodio una cuoca ricevette la penalità di dover iniziare 5 minuti dopo i suoi colleghi. Naturalmente, si trattava di una prova a tempo, come tutte quelle contemplate nel format.
Mentre tutti i suoi compagni si affannavano, prima nella dispensa e poi ai fornelli avviando decine di preparazioni per darsi il tempo di pensare al piatto, e poi, una volta concepito, realizzarlo con le lavorazioni già pronte, lei rimase 5 minuti a pensare. In quel tempo poté immaginare il piatto che soddisfacesse le richieste dei giudici e il suo gusto, e poté pianificare per priorità le preparazioni e l’assemblaggio del tutto.
Come avrai intuito a questo punto del racconto, il suo piatto fu valutato il migliore.
Il suo lavoro pulito, ordinato, fu come una danza. A ben vedere aveva fatto meno preparazioni, quindi meno “task” dei suoi colleghi, e aveva “sprecato” ben 5 minuti in una gara in cui ne disponeva solo di 45, ma aveva le idee chiare, sapeva dove voleva arrivare e fu in grado di ordinare per priorità le azioni. Questo approccio migliora sempre la qualità del lavoro e l’eccellenza dei risultati.
Come si realizza il framework OKR
Ma come si definiscono le priorità? Partendo dall’obiettivo. Ma soprattutto, dal tuo “perché”.
Chi cammina sul filo, come gli equilibristi, sai come fa a non perdere l’equilibrio mentre avanza sulla corda? Il trucco è fissare la fine della fune. Lo sapevi? Il cervello fa suo l’obiettivo finale e ogni passo diventa un’azione strutturata per arrivare a quell’obiettivo. A ritroso, come un granchio, troverai il tuo percorso. 🦀
Mission
Posizionarmi
➡ Obiettivi
Fare 10k iscritti
➡ Priorità
Strategia
➡ Focus
Lavoro su singole task
Come ci educa il pensiero da growth hacker, misura e analizza ogni task. Ha funzionato per avvicinarti al tuo obiettivo? Che risultati ha prodotto? Se è andata bene, avanti così, altrimenti raccogli e fai tesoro dei dati raccolti. Ogni azione deve essere associata sempre a una tempistica. Quando si definiscono gli obiettivi, si devono ipotizzare anche delle milestones chiare e dare un tempo ad ogni processo. Ma quindi, come si applica un modello OKR, nel concreto? Innanzitutto, il framework serve sostanzialmente a rispondere a 3 domande: 1. Cosa devo fare? 3. Qual è il mio focus? 5. Sto avanzando verso il mio obiettivo? La O, sta per Objective ovvero gli obiettivi: la fine della fune per il funambolo. KR sta invece per Key Results, ovvero risultati chiave, che permettono di misurare e aver chiaro se stiamo avvicinandoci all’obiettivo. Generalmente, per ogni Objective, ci sono 3-5 Key Result. Ora forse ti starai chiedendo: ma l’obiettivo non è uno? Immagina il framework come una piramide. Il primo riquadro, quello magari del CEO o dell’AD contiene l’Obiettivo principale, la direzione dell’azienda, quello a cui mirare. Sotto quell’indicazione, andranno individuati i 3-5 Risultati Chiave necessari per raggiungere quell’obiettivo. Ciascun risultato chiave, diventerà un obiettivo di altri 3-5 risultati chiave. Alla fine, dal modulo iniziale in cima, visivamente si troverà una piramide con una base molto ampia. Nell’immagine che vedi, mi sono divertita a iniziare uno schema OKR per “Organizzare la mia festa di compleanno” Come vedrai subito a colpo d’occhio, dal primo riquadro, si diramano 3 nuovi objective e da ciascuno di essi altri 3. In realtà mi sono fermata al primo, ma è per darti un’idea!
Gli Obiettivi vengono poi divisi tra le risorse di un’azienda, o nel caso di individui singoli, sviluppati per ordine di priorità partendo dal basso.
Per una buona fluidità del lavoro di team, comunque, è importante che tutti possano vedere gli OKR di tutti. Nel caso di un’azienda, ancor di più rispetto al caso di un singolo professionista, questo sistema diventa vitale per efficientare il processo di delega, ma soprattutto imprimere la direzione chiara in tutte le risorse e mirare a quella che si definisce una Result-Based Organization: ovvero, un’organizzazione basata sui risultati.
Conclusioni
Questo modello di azienda, si dedica a favorire la diffusione di cultura aziendale, stili manageriali e comportamenti delle persone basati sulla definizione di obiettivi, sulla responsabilizzazione sui risultati e sulla valutazione e misurazione delle performance, piuttosto che sulle ore lavorate. Se l’obiettivo è chiaro e misurabile ci sarà meno bisogno di entrare nel merito di “come le cose vanno fatte”, perché gli obiettivi aziendali vengono dall’alto, ma poi ogni risorsa può agire autonomamente per conseguire quell’obiettivo. Ho affrontato il tema anche in una conferenza online sul tema "Smart Working e Telelavoro", insieme ad Alessandro. La trovi qui!
Secondo l'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano queste sono le attitudini manageriali che bisognerebbe avere in un’azienda smart: la tendenza a coinvolgere i collaboratori nei processi decisionali, nella definizione e condivisione degli Obiettivi, a responsabilizzarli nello svolgimento delle attività; la capacità di creare un clima di fiducia e di utilizzare efficacemente la delega demandando alcune decisioni ad altri, tollerando errori; la propensione a coinvolgere le persone in fase di definizione dei loro obiettivi annuali o di breve periodo, per comprendere eventuali aspetti critici o aspettative. Sei pronto ad applicare questo protocollo al tuo lavoro?
Che ne pensi? Fammelo sapere!
- di Noemi Taccarelli
La presenza sui social media oggi è indispensabile per ogni realtà aziendale, e non solo, ma, come per ogni cosa, farlo con cognizione di causa è importante e cadere in errori banali è veramente semplice.
- di Noemi Taccarelli
Se ti parlo di soap opera sequence e matrix sequence, pensi alla televisione? Se la risposta è sì, allora ti consiglio di leggere questo articolo!
- di Noemi Taccarelli
Cos’è il tripwire? In inglese, è il filo che serve a far scattare in una trappola o in un esplosivo. Ma come si usa nel marketing? Ne parlo in questo articolo.
- di Noemi Taccarelli
Quali sono le differenze tra Digital marketing e Growth hacking?
Prima di parlare delle differenze principali, citerò Michael Brenner, ex CMO di SAP e CEO di Marketing Insider Group:
"Il growth hacking è sostanzialmente il marketing come avrebbe dovuto essere sin dalle sue origini"
Nel mondo business, soprattutto in ambito digital, tendiamo ad utilizzare moltissimi inglesismi ed acronimi, rendendo il nostro linguaggio abbastanza “alieno” visto da fuori. Ma soprattutto ci sono così tanti nomi che spesso è difficile capire dove finisce una disciplina, e ne inizia un’altra. CRO e UX, non sono un’eccezione: spesso questi acronimi creano confusione, e si tende a pensare che siano solo parole diverse per indicare le stesse cose. Oggi facciamo un po’ di chiarezza.
- di Noemi Taccarelli
Nell’ultimo mese è sulla bocca di tutti, e anche noi non abbiamo potuto esimerci dal provare Clubhouse e analizzarne il fenomeno. Di seguito trovi le nostre considerazioni sul social del momento.
- di Noemi Taccarelli
Se sei finito qui, probabilmente è perché ti sei domandato "Perché il mio ecommerce non vende?" e ti sei affidato ai motori di ricerca. Le ragioni che portano un e-commerce a non vedere, o almeno a non vendere quanto ci aspettavamo, sono molteplici, ma in questo articolo cercherò di affrontare esclusivamente le motivazioni legate alla piattaforma e-commerce, in un'ottica strettamente digitale.
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